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Una diaspora senza fine

Il lungo viaggio degli Zingari attraverso i secoli

Di Giuditta Pellegrini

(Dedicato a Martin Sedmak)

 


Secondo alcuni studiosi originariamente gli Zingari (1) non erano nomadi, ma hanno iniziato il loro lungo viaggio dall’India all’Europa mossi dagli stessi motivi che da secoli hanno indotto i migranti a partire: scampare alla povertà e alle persecuzioni. Spostandosi in unità famigliari da aree e in periodi diversi, essi diedero luogo ad una migrazione a catena generata dal panico, che li ha portati attraverso l’Afghanistan, l’Iran, la Turchia,i Balcani in cerca di una vita migliore che tuttavia stenta ad arrivare.

Paul Polansky, scrittore, poeta e attivista per i diritti umani, ce lo racconta in un’intervista.

 

Paul Polansky ha vissuto durante gli ultimi 20 anni tra Rom e Sinti, raccogliendo più di 400 testimonianze orali in 19 Paesi diversi.

A chi gli chiede il motivo di tanto interesse verso queste popolazioni, rimanda al capitolo del suo libro recentemente tradotto in italiano, La mia vita con gli Zingari, Origini e memorie degli Zingari D’Europa (2), nel quale descrive ‘l’incontro’ casuale avvenuto con la fotografia di Frantiska Petrzilkova, una giovane donna dallo sguardo fiero che durante la seconda guerra mondiale era internata a Lety, un campo istituito dai nazisti in Repubblica Ceca proprio per gli Zingari e di cui risultava essere, grazie alla fuga, una delle poche sopravvissute.

La difesa dei diritti umani inizierà per Polansky proprio con la ricerca, sulle tracce di Frantiska, dei documenti che testimoniano lo sterminio nei lager della comunità Zingara, per poi sfociare nelle battaglie ancora in atto a fianco degli abitanti del campo di Mitrovica, in Kosovo, dove intere famiglie scampate alla guerra o deportate dai Paesi europei in cui avevano trovato rifugio sono costrette a vivere su terreni altamente tossici.


 

G.P. Paul Polansky, lei ha vissuto fra gli Zingari per 20 anni, studiandone i costumi in vari paesi quali India, Balcani,Turchia, Polonia, Slovacchia: qual è, secondo il suo parere, la storia del loro arrivo in Europa?

P.P. Gli Zingari appartenevano a diverse caste umili che lasciarono l'India all'inizio dell'XI Secolo. Uno dei gruppi principali veniva da Multan, l'antica capitale del Punjab. Multan fu governata per 300 anni dai Karmaziani, che erano Musulmani esiliati dall'Egitto e che per questo l’avevano ribattezzata “Piccolo Egitto”.

Quando nel 985 d.C. i Karmaziani distrussero il Tempio del Sole di Multan, gli Zingari che mendicavano nei suoi pressi furono costretti alla fuga e ancora oggi molti di loro affermano di provenire dal Piccolo Egitto.

In seguito vediamo molti Zingari congregati in Armenia e in Medio Oriente. Secondo i racconti orali i preti ortodossi in Armenia chiesero agli Zingari di cambiare religione e di diventare ortodossi in cambio di un impiego e dato che avevano lasciato il Punjab, il Rajasthan o il Kashmir fondamentalmente per cercare lavoro, l'offerta fu accettata ed essi si stanziarono sul Monte Athos, dove furono impiegati nella costruzione della maggior parte dei suoi monasteri. Molti Zingari furono poi venduti come schiavi per costruire altri monasteri nei Balcani. Alcuni fuggirono e arrivarono in Albania e quando i cattolici Albanesi furono sconfitti dai Turchi nel XV Secolo, essi arrivarono in Calabria con gli Albanesi e da qui giunsero in Sardegna e quindi in Spagna via mare con i Catalani.

Gli Zingari non partirono in un unico gruppo, bensì in gruppi distinti e più precisamente in unità famigliari e questa migrazione a catena continua da centinaia e centinaia di anni.

G.P. Quando arrivarono in Italia le prime comunità zingare e che ruolo avevano nella società del nostro Paese?

P.P. Gli Zingari arrivarono in Calabria con gli Albanesi tra il XV e il XVI Secolo e divennero un'importante componente della comunità agricola della zona. Lavoravano come maniscalchi, aggiustavano gli attrezzi da lavoro ed erano impiegati nei campi al momento del raccolto. Ma dopo la seconda guerra mondiale la piccola agricoltura collassò, le fattorie divennero estese e meccanizzate; molta gente si spostò nelle città per lavorare nelle fabbriche e ovviamente le ultime persone che le industrie pensavano di assumere erano degli Zingari dalla pelle scura. Improvvisamente gli Zingari si ritrovarono senza un lavoro e non potendo entrare a far parte del mondo industrializzato iniziarono ad essere considerati dei parassiti: è solo da quel momento che ebbero una cattiva reputazione in Italia perché prima della guerra essi godevano di grande rispetto.

G.P. Quando sono stati istituiti i primi campi in Italia e qual è la situazione attuale?

P.P. Dopo la seconda guerra mondiale furono istituiti i primi campi, legali e non, per gli Zingari, che furono chiamati “campi nomadi”, nonostante gli Zingari non siano mai stati nomadi. Essi solevano infatti vivere nelle loro case durante l'inverno e si spostavano in estate di città in città per vendere i loro manufatti o in cerca di lavori stagionali nel settore agricolo. Gli Zingari sono stati considerati nomadi dai governi occidentali verosimilmente per essere relegati nei campi dalle condizioni disumane che tutt'ora esistono.

Oggi ci sono inoltre i campi di fortuna costruiti dai profughi scampati al genocidio nei Balcani, che vengono puntualmente distrutti dalla polizia e puntualmente ricostruiti pochi metri più in là dalle famiglie che ci vivono.

Non si tratta solo dell’Italia. La stessa situazione si ripete in tutta Europa, dove alcuni governi praticano la deportazione degli Zingari nati e cresciuti nei loro Paesi.

In un mio libro di poesie (3) parlo di una ragazza di 15 anni di origini zingare nata e cresciuta in Germania. Frequentava la scuola tedesca con ottimi voti, il suo livello era così buono che gli insegnanti le chiedevano di aiutare gli allievi tedeschi che avevano difficoltà con la lingua. Una notte lei e la sua famiglia furono svegliati e deportati in Kosovo. I suoi non avevano casa né lavoro e furono costretti ad installarsi nel campo di Mitrovica, che è situato su un terreno tossico con altissimi livelli di inquinamento da piombo.

Per sopravvivere, si sono dovuti adeguare alle vecchie tradizioni zingare: la ragazza fu venduta in sposa in cambio della dote. E così questa giovane ragazza, che era un’ottima studentessa con tutta una vita davanti è finita in un paese di cui non conosce la lingua, nella totale povertà e in un campo altamente pericoloso per la salute (4). 

G.P. Ci può raccontare cosa è successo a Mitrovica, in Kosovo?

P.P. Si è trattato di una vera tragedia. L'ex Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammerberg l'ha definita la peggiore catastrofe umanitaria dell'ultimo decennio; l'Organizzazione Mondiale della Sanità elle Nazioni Unite il più grave problema medico avvenuto in Europa negli ultimi dieci anni. Dopo che le truppe Nato avevano occupato il nord di Mitrovica, gli Albanesi tornati dall’esilio espulsero decine di migliaia di Zingari dai loro quartieri (5). Essi si ritrovarono senza casa e quelli che non riuscirono ad andare all'estero furono sistemati in campi di fortuna situati su terreni tossici che secondo l'UN erano gli unici disponibili. Questo è successo nel dicembre del 1999 e oggi dopo 13 anni ci sono ancora famiglie che vivono su questo terreno, che ha un altissimo livello di inquinamento da piombo. Ogni bambino concepito all'interno del campo nasce con danni irreversibili al cervello e ci sono già stati più di 100 decessi. Nonostante questo la comunità internazionale per lungo tempo ha finto di non vedere il problema solo perché sono Zingari.

Ho impiegato 10 anni per convincere la Comunità Europea e gli Stati Uniti a costruire un centinaio di abitazioni affinché queste persone tornassero a vivere nei loro quartieri, ma il lavoro non è terminato perché ci sono ancora 17 famiglie che vivono su quel terreno tossico, oltre a quelle deportate dalla Germania che ci finiscono dopo aver vissuto 15-20 anni all’estero e che si ritrovano affette anch’esse da avvelenamento da piombo.

Lentamente le autorità preposte si stanno muovendo per sistemare altrove queste famiglie, ma non per sottoporle alle cure necessarie. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato l’urgenza per queste persone non solo di essere allontanate dai terreni tossici ma anche di essere curate il prima possibile e questo non sta avvenendo: il loro livello di piombo nel sangue è ancora 4 volte superiore alla quantità sufficiente a provocare danni irreversibili al cervello. In questo modo avremo un'intera generazione di bambini Zingari che non potrà avere figli: viene quasi da pensare che sia stato fatto apposta.

G.P. Come dovrebbe essere affrontato il problema secondo il suo parere?

Gli Zingari sono cittadini europei, rappresentano la più grande minoranza europea. Sono esseri umani, ma non vengono trattati come tali, ed è questo il vero problema. E’ necessario trovare una soluzione umanitaria: non siamo più nel 1939 e non è possibile pensare di poter relegare queste persone ai margini della società. Non possiamo disumanizzarli. Il problema esiste: ci sono sempre dei problemi quando si ha a che fare con un gruppo di persone molto povere. In America l'abbiamo visto il secolo scorso, in particolare a New York City, con i numerosi migranti italiani. Essi sono stati integrati e hanno dato un grande contributo alla società americana, ma all’inizio erano stigmatizzati come sporchi, ladri, parassiti.  

La soluzione quindi non è quella di segregare gli Zingari in campi che contravvengono ad ogni principio di salubrità o di bruciare le loro capanne, ma l’educazione e l’integrazione.

La mia speranza è che le persone guardino al loro passato. Ogni famiglia americana ha una storia da migrante come anche la maggior parte delle famiglie italiane: quanta gente è andata dalla Calabria a Torino in cerca di un lavoro e di una vita migliori? Tutti noi dovremmo quindi capire il motivo di fondo che spinge i migranti di oggi a venire nei nostri Paesi, e cioè la ricerca di un futuro dignitoso per sé e per i propri figli.

 

(1) Nell’introduzione al suo libro, La mia vita con gli Zingari, Origini e memorie degli Zingari d’Europa (Datanews editrice 2011, PP. 16-17) Polansky spiega come “Zingaro” sia l’unico termine che include tutti i diversi gruppi con cui essi si identificano. Riguardo alla sua connotazione negativa scrive: “ Molti Zingari non sono Rom. Ed in molti paesi gli Zingari credono che “Rom” sia una parola dispregiativa, specialmente in Kosovo, dove c’è uno stigma contro i Rom poiché gli Albanesi pensano che abbiano collaborato con i Serbi durante la guerra. In molti paesi gli Zingari vengono chiamati Dom, Kale, Sinti, Ashkali, Egiziani, ecc., e molti non vogliono essere definiti Rom. Dunque qual è la parola che li include tutti? Ogni parola può essere dispregiativa. Anche la parola “americano” può essere dispregiativa in molti paesi, a seconda di come la si usa!”

(2) Vedi nota (1)

(3) Cry, Gypsy: Poems of Germany’s Kosovo Deportations 2008-2012, Volo press, 2012. Al momento in cui scriviamo il libro è appena uscito in doppia lingua (inglese e tedesco).

(4) Per maggiori informazioni sulle deportazioni in Kosovo si veda:

Human Rights Watch, Rights Displaced: Forced Returns of Roma, Ashkali and Egyptians from Western Europe to Kosovo (New York, 2010) al link http://www.hrw.org/reports/2010/10/28/rights-displaced

Amnesty International, Not Welcome Anywhere: Stop the Forced Return of Roma to Kosovo (London, 2010), scaricabile al link http://www.amnesty.org/en/library/asset/EUR70/011/2010/en/f4d99ef1-725a-462f-81f3-e413083a4228/eur700112010en.pdf

(5) Alla fine della guerra in Kosovo, non solo i Serbi furono perseguitati, ma anche i Rom che avevano lavorato facendo le pulizie o altri mestieri umili presso le famiglie serbe: essi furono tacciati di collaborazionismo e identificati come ‘criminali di guerra’ per il solo fatto di aver lavorato presso gli sconfitti e furono quindi deprivati di ogni bene, costretti alla totale povertà e sottoposti ad ogni forma di violenza. Circa 120.000 su 150.000 Rom fuggirono dal Kosovo.

 

 

Sito ufficiale di Paul Polansky:

http://www.paulpolansky.nstemp.com

 

 

 


 

 

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